Gestione del colore - Spazi colore
Abbiamo visto che ad un generico colore può corrispondere una terna di numeri, come combinazione di rosso, verde e blu nel modello di colore RGB. Tale modello è solo uno tra i tanti; altri modelli di colore comprendono, ad esempio, CMYK, HSB, Y'CbCr e XYZ. Il principio di funzionamento, comunque, è equivalente.
La terna, però, è del tutto insignificante senza alcun contesto di riferimento. E’ come se uno straniero volesse farsi capire comunicando con noi nel suo linguaggio; evidentemente le sue parole sarebbero scarsamente comprensibili o non lo sarebbero affatto. Ecco dove entra in gioco lo spazio colore. Il suo scopo è fornire la definizione affinché una certa combinazione numerica rappresenti un ben preciso colore. In un certo senso uno spazio colore è una variante ed un’estensione del modello di colore.
Si presenta come un oggetto tridimensionale che contiene tutte le combinazioni di colore, o gamut, che un sensore può rilevare, una stampante riprodurre o un monitor visualizzare.
Uno spazio colore è contraddistinto, pertanto, da una gamma di colori, un set di colori primari, un punto del bianco e una risposta tonale. Ad esempio, nel modello di colore RGB vi sono numerosi spazi colore, compresi - in ordine decrescente di dimensioni di gamut - ProPhoto RGB, Adobe RGB, sRGB IEC61966-2.1 e Apple RGB. Anche se ognuno di questi spazi definisce il colore usando gli stessi tre parametri RGB, hanno gamut e curve tonali diversi.
Poiché ogni dispositivo registra o riproduce il colore nel proprio spazio colore, quando un'immagine viene spostata da un dispositivo ad un altro, i colori potrebbero apparire diversamente, alterando, ad esempio, i dettagli nelle ombre o nelle alteluci oppure la saturazione cromatica.
Gli spazi colore possono essere dipendenti o indipendenti da un dato dispositivo. Nel caso dipendano dal dispositivo, esprimono il colore relativamente ad un certo altro spazio colore, viceversa esprimono il colore in termini assoluti (Adobe RGB e sRGB sono, ad esempio, indipendenti dal dispositivo). Nel primo caso, inoltre, possono fornire informazioni importanti descrivendo il sottoinsieme dei colori che un monitor o uno stampante può riprodurre, o una macchina fotografica o uno scanner può registrare. Dispositivi con ampio spazio colore possono, ovviamente riprodurre gamme tonali più estese.
Tecnicamente, uno spazio colore è uno spazio a una, due, tre o quattro dimensioni, le cui componenti rappresentano valori di intensità (di colore). Ognuna di queste è anche detto canale-colore. Nel caso RGB, ad esempio, si tratta di uno spazio colore tridimensionale, le cui componenti sono intensità di rosso, verde e blu. Visivamente, questi spazi sono rappresentati spesso con figure solide, quali cubi, coni, o poliedri.
Queste figure aiutano a visualizzare e comprendere uno spazio colore, ma non sono granché pratiche per la concreta gestione del colore. Ciò soprattutto perché uno spazio colore ha bisogno di essere confrontabile con altri spazi colore. Pertanto si preferisce visualizzare gli spazi colore mediante diagrammi bidimensionali.
La figura a fianco mostra due esempi di spazi colore: Adobe RGB e sRGB, due tipici spazi utilizzati nell’editing di immagini. Nel diagramma bidimensionale sono compresi tutti i colori visibili; più ci si sposta verso i bordi, maggiore diventa la saturazione dei colori. Una curva racchiusa all’interno di questo spettro di colori rappresenta, quindi, uno spazio colore. E’ evidente che tanto più ampia è la curva, tanto maggiore è il numero di colori utilizzabili. Quindi, spazi colore più ampi sono in grado di contenere più colori e, contemporaneamente, di riprodurre colori più saturi. Nel nostro esempio, lo spazio Adobe RGB risulta più ampio dell’sRGB.
Perché, allora, non usare uno spazio colore con la gamma più ampia possibile? Attenzione, poiché ciò che sembra un’ovvietà può nascondere qualche insidia. È vero che è generalmente meglio usare uno spazio colore ampio, ma bisogna assicurarsi che il dispositivo di uscita (normalmente la stampante) sia in grado di rendere gli stessi colori. In caso contrario, si tenderebbe addirittura a generare un effetto di posterizzazione dell’immagine.